Cosa significa cibo-ricompensa?
“Dai che se mangi tutto dopo ti do un dolcetto!” – “Brava hai mangiato la verdura adesso ti meriti una merendina!” – “Se non finisci il piatto niente dolce!”.
Quante volte avete detto o sentito dire ad un bambino queste frasi? E quante volte avete pensato che non ci fosse nulla di male?
Utilizzare il cibo per gratificare il bambino quando si comporta bene o negarlo quando si comporta male è un elemento rischioso poiché potrebbe portare allo sviluppo di un Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA). Addirittura? Beh sì.
Chiaramente non è una cosa automatica ma è certamente un fattore di rischio che protratto nel tempo potrebbe influire negativamente sul rapporto che si ha con il cibo. Perché? Perché il cibo viene spostato verso la sfera emotiva perdendo il suo reale ruolo di nutrire l’organismo.
Negli ultimi anni è stata definita come “emotional eating” l’assunzione di cibo in risposta a determinati stati emotivi caratteristica di quei soggetti che imparano a gestire le proprie emozioni con l’aiuto del cibo (Engelberg et al., 2007; Whiteside et al., 2007).
Questo significa che quando un bambino/adolescente/adulto si troverà in difficoltà, sarà triste o arrabbiato, sarà portato a consumare cibo per non pensare o per sfogare le proprie frustrazioni ed emozioni. Quando ci si sente così la scelta ricade sempre sui cosiddetti junk food (cibi spazzatura) o comunque cibi ad elevato contenuto calorico (e questo potrebbe contribuire anche ad un aumento il peso).
NB. Dire ad un bambino che se mangia le verdure avrà un dolcetto significa affermare implicitamente che ha ragione a pensare che le verdure siano brutte e cattive infatti se riuscirà a mangiarle addirittura riceverà un regalo.
Bisogna avere molta cura e attenzione nella comunicazione con i bambini e il non utilizzo del cibo come ricompensa rientra nell’educazione alimentare di cui la nostra società ha sempre più bisogno e di cui io sono una grande fautrice 🙂